24 agosto 2015

Tè e biscotti: Still Alice di Lisa Genova e l'incredibile viaggio del fachiro che restò chiuso in un armadio Ikea di Romain Puoèrtolas

Titoloni lunghi e doppi per questo appuntamento di lettura di fine estate. Ormai non mi giustifico nemmeno più per le assenze, pensatemi sempre con il capo chino e cosparso di cenere. 
La cosa buona dell'estate (oltre al fatto che non mi avete fra i piedi) è che riesco a leggere di più, ragion per cui vi presento un doppio appuntamento questa volta: L'incredibile viaggio del fachiro che restò chiuso in un armadio Ikea e Still Alice
Parto da quello che purtroppo mi è piaciuto meno, ovvero L'incredibile viaggio del fachiro che restò chiuso in un armadio Ikea. 




L'idea di base era molto carina e simpatica, un fachiro decide di partire dall'India per andare a comprare un nuovo letto di chiodi all'Ikea di Parigi. Il fachiro è chiaramente un ciarlatano e pensa di poterla fare franca anche questa volta tra sotterfugi e trucchetti, tant'è che riesce nel suo intento di comprare il letto, però dovrà aspettare il giorno seguente per averlo poiché l'articolo non è al momento disponibile in magazzino. Il fachiro Ajatashatru, non avendo i soldi per pagarsi l'albergo, decide di nascondersi nel negozio di mobili peccato che, per timore di essere scoperto, si chiude in un armadio che viene portato via con un camion. Da qui in poi iniziano le (dis)avventure del protagonista che viene sbattuto da una parte all'altra dell'Europa e dintorni. 
La grande pecca, a mio avviso, di questo libro è il tentativo di essere un libro sull'immigrazione, tentativo palesemente fallito. Dell'immigrazione se ne parla poco, a stralci, con qualche pippone esistenziale infarcito di cliches, inoltre il lettore si ritrova catapultato all'improvviso dalla goliardia della narrazione, alla serietà un po' fuori luogo della vita dei migranti. Ci si sente quasi in colpa per aver riso fino a pochi secondi prima dei giochi di parole che l'autore fa sui nomi dei personaggi. 
Non si può scrivere un libro sull'immigrazione in cui fondamentalmente di questa non si parla. L'ironia la fa da padrona e così come le mirabolanti avventure del fachiro che si intrecciano, solo di tanto in tanto, con le storie vere di chi dal proprio paese è scappato per ragioni valide, perché ha vissuto la fame, la guerra e la disperazione. Probabilmente l'intento dell'autore era quello di scrivere un libro che fosse leggero ma con un tema importante, temo però che le due cose non possano andare di pari passo senza che una delle due si perda completamente.
Altra pecca è la paradossalità delle avventure di Ajatashatru, sono talmente improbabili da sfociare nel ridicolo. Non è un libro che mi sento di consigliare, io ero stata catturata dal titolo e dall'averlo trovato a metà prezzo al Libraccio, direi che potete impiegare il vostro tempo in letture più coinvolgenti. 



Il secondo libro dell'estate è stato Still Alice, da cui è stato tratto l'omonimo film candidato agli oscar. Premetto che avevo già visto il film quindi la trama non mi era nuova e devo dire che nel film sono stati piuttosto fedeli all'originale. Still Alice è la storia di una affermata e brillante docente e ricercatrice di linguistica all'università di Harvard che scopre di essere malata di Alzahimer precoce. Il libro tratta principalmente dell'avanzamento della malattia, senza però essere noioso, e mostra come la presenza del morbo influisca sulla vita della protagonista e di tutta la sua famiglia. Non è un trattato scientifico, nonostante non venga tralasciato questo aspetto, è la componente umana e psicologica a dominare. Il lettore viene lentamente introdotto nella mente di Alice e insieme a lei inizia a perdere dei pezzi della sua stessa vita, sentendosi smarrito e impaurito. La forza di Alice sta nel non rassegnarsi passivamente alla propria condizione, cerca di usare degli espedienti per ricordare, si appella ad ogni tipo di supporto e, nonostante sarà poi costretta a lasciare la sua cattedra, troverà comunque un modo per insegnare qualcosa agli altri e lasciare il segno. 
Il punto forte di questo libro secondo me sta nel tipo di narrazione, la perdita di memoria di Alice va di pari passo con il modo di raccontarla. Man mano che l'identità e la realtà di Alice si sgretolano anche il linguaggio si semplifica e si assottiglia, i personaggi non vengono più identificati con i loro nomi, diventano estrani anche al lettore. Persino i capitoli si fanno più corti e frammentari e la narrazione diventa quasi esterna, come se si perdesse la prima persona e non fosse più lei stessa a raccontare la sua storia, ma un narratore esterno. 
Di certo non parliamo di una pietra miliare della letteratura, ma rimane un libro gradevole e scorrevole che si lascia godere, nonostante il tema possa essere un po' ostico e scomodo.
Piccola nota negativa, la smettiamo di mettere nelle copertine dei libri le locandine dei film? Inoltre lasciamo i titoli originali dei libri senza usare quelli dei film, le persone lo comprerebbero lo stesso. Grazie. 

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